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Triflux: Il Motore Rivoluzionario Che Avrebbe Potuto Riscrivere la Storia dei Rally

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MODELLO

VALUTAZIONE TCS

PREZZO

CONTINENTAL WINTERCONTACT TS870★★★★

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GOODYEAR ULTRAGRIP PERFORMANCE 3★★★★

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MICHELIN ALPIN 6★★★★

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DUNLOP WINTER SPORT 5★★★★

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VREDESTEIN WINTRAC PRO★★★★

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Negli anni Ottanta, l’universo dei rally viveva un periodo di fervida innovazione. Lancia, già dominatrice con la leggendaria Delta S4, era pronta a spingersi oltre con due prototipi rivoluzionari: la Lancia ECV e la ECV2.

Queste vetture, progettate rispettivamente nel 1986 e nel 1987, erano destinate a sostituire la Delta S4 nel Campionato del Mondo Rally, incarnando il massimo della tecnologia e dell’ingegneria dell’epoca.

All’interno di queste meraviglie meccaniche batteva il motore Triflux, un sistema di sovralimentazione innovativo che prometteva di ridefinire le prestazioni nel mondo dei rally.

Nonostante le potenzialità straordinarie, questi prototipi non hanno mai avuto l’opportunità di competere ufficialmente, a causa dei cambiamenti regolamentari imposti dalla FIA nel 1987. Ma l’eredità della Lancia ECV e del motore Triflux continua a vivere, affascinando appassionati e ingegneri di tutto il mondo.

 Lancia ECV Triflux 0

Lancia ECV: L’Experimental Composite Vehicle

La Lancia ECV, acronimo di Experimental Composite Vehicle, rappresentava un salto tecnologico senza precedenti. In un’epoca in cui l’uso di materiali compositi stava rivoluzionando il motorsport, Abarth, responsabile della ricerca e sviluppo per la Lancia, decise di sfruttare appieno queste nuove tecnologie.

Il risultato fu una vettura con un telaio monoscocca realizzato in Kevlar e fibra di carbonio, materiali che garantivano una maggiore leggerezza e rigidità torsionale rispetto alle strutture tradizionali.

Con un peso di soli 930 kg, l’ECV era incredibilmente leggera per una vettura da rally di quell’epoca. Ogni componente, dall’albero di trasmissione ai cerchioni, era stato ottimizzato utilizzando materiali avanzati come strutture a nido d’ape e poliuretano schiumato.

Questo approccio innovativo non solo riduceva il peso, ma migliorava anche le prestazioni e la maneggevolezza dell’auto.

Il Motore Triflux: Un’Innovazione Rivoluzionaria

Al centro della Lancia ECV c’era il motore Triflux, un capolavoro di ingegneria progettato per massimizzare le prestazioni. Si trattava di un 4 cilindri in linea da 1.759 cm³, con 16 valvole disposte in modo innovativo. La testata presentava una configurazione a valvole incrociate, disposte a “X”, che permetteva di alimentare due turbocompressori KKK K-26 con i gas di scarico.

Questa configurazione eliminava il tradizionale lato caldo e lato freddo del motore, favorendo una dilatazione termica più uniforme e migliorando l’efficienza della combustione. Il sistema di sovralimentazione era estremamente sofisticato: ai bassi regimi, una sola turbina era attiva per ridurre il turbo lag. Superati i 5.000 giri/min, entrava in funzione anche la seconda turbina, permettendo al motore di raggiungere una pressione massima di 2,3 bar.

Il motore Triflux era in grado di erogare una potenza di 600 CV a 8.000 giri/min nella configurazione per sterrato, e poteva spingersi fino a 800 CV nelle configurazioni per asfalto.

Due intercooler assicuravano il raffreddamento ottimale dell’aria di sovralimentazione, garantendo prestazioni costanti anche nelle condizioni più estreme.

Prestazioni Straordinarie

Le caratteristiche tecniche avanzate si traducevano in prestazioni impressionanti. La Lancia ECV era in grado di accelerare da 0 a 200 km/h in circa 9 secondi, una cifra ancora oggi sorprendente. La velocità massima raggiungeva i 230 km/h, un risultato notevole considerando le specifiche dei rally dell’epoca.

L’aerodinamica era stata curata nei minimi dettagli, con un design aggressivo e funzionale. La livrea bianco perla, adornata dalle iconiche strisce Martini Racing e dalla scritta laterale “ECV – Experimental Composite Vehicle”, conferiva all’auto un aspetto inconfondibile.

Lancia ECV Triflux 1

Gruppo S: Libertà Progettuale e Innovazione

Mentre le vetture del Gruppo B si sfidavano per il titolo mondiale del 1986, la Lancia lavorava su una vettura pensata per il nuovo Gruppo S, regolamentato per un debutto nelle stagioni successive. Rispetto al Gruppo B, il Gruppo S poneva maggiore attenzione alla sicurezza ma offriva ai costruttori una libertà progettuale superiore, richiedendo un numero di esemplari omologati notevolmente inferiore.

Questa categoria rappresentava un ritorno ai veri e propri prototipi, vetture concepite senza compromessi, lontane dai modelli di produzione. L’ECV si poneva come un banco di prova per tecnologie avanzate, molte delle quali avrebbero trovato applicazione nelle vetture stradali, incarnando il principio “dalla pista alla strada”.

Obiettivi Tecnici: Potenza e Leggerezza

La nuova vettura doveva raggiungere due obiettivi principali: incrementare la potenza del motore e ridurre significativamente il peso grazie all’impiego di materiali innovativi. Questo compito impegnativo fu affidato all’Abarth, la Squadra Corse del Gruppo Fiat, che all’epoca gestiva le competizioni dei marchi Fiat e Lancia.

Il telaio della ECV fu progettato dall’ingegnere Sergio Limone, responsabile della progettazione nella Squadra Corse HF Lancia. Utilizzando materiali compositi come il Kevlar e la fibra di carbonio, Limone sviluppò una scocca innovativa che garantiva una rigidità torsionale superiore rispetto alla Delta S4, riducendo contemporaneamente il peso complessivo del 20%. Il risultato era una vettura estremamente leggera, con componenti come l’albero di trasmissione e i cerchi ruota realizzati con materiali avanzati. Per facilitare le riparazioni in gara, solo l’avantreno era costruito con tubi d’acciaio tradizionali.

Il Motore Triflux: Il Capolavoro di Claudio Lombardi

Il cuore pulsante della Lancia ECV era il motore progettato dall’ingegnere Claudio Lombardi, Direttore tecnico dell’Abarth. Basato sulla stessa cilindrata del motore della Delta S4, il nuovo propulsore rappresentava un netto passo avanti grazie all’introduzione della testata a flussi incrociati e al sistema di sovralimentazione a due turbocompressori.

In origine, Lombardi aveva considerato l’adozione di questa configurazione avanzata già sulla Delta S4, ma scelte conservative lo portarono a optare per un sistema con compressore volumetrico e una sola turbina, più collaudato e meno rischioso. Con l’ECV, però, l’ingegnere poté finalmente realizzare la sua visione: il motore Triflux.

La testata del Triflux era progettata per ottimizzare i flussi di aspirazione e scarico, con le valvole disposte in modo incrociato. Questa configurazione permetteva una sovralimentazione più efficace già dai bassi regimi, riducendo il ritardo del turbo e aumentando l’efficienza complessiva.

I due turbocompressori KKK lavoravano in modo complementare: ai bassi regimi, uno solo era attivo per minimizzare il turbo lag, mentre a regimi più elevati entrava in funzione anche il secondo, garantendo una spinta costante e poderosa. I risultati al banco di prova furono straordinari: il motore raggiungeva una potenza di 600 CV a 8.000 giri/min, circa 100 CV in più rispetto al motore della Delta S4.

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La stagione 1986 dei rally segna una svolta epocale nella storia delle competizioni automobilistiche. Una serie di tragici incidenti, tra cui quelli ai rally di Portogallo e Corsica, spinge la FISA (Fédération Internationale du Sport Automobile) a interrompere il passaggio dal Gruppo B al Gruppo S, una categoria che avrebbe dovuto rappresentare il futuro del rally con prototipi ancora più performanti e sicuri. La decisione della Federazione fu drastica: dal 1987 in poi, si sarebbero accettate solo vetture di derivazione stradale, con limitazioni tecniche e potenze ridotte, ammettendo esclusivamente i Gruppi A e N.

Mentre il Gruppo A permetteva una maggiore libertà di elaborazione dei componenti meccanici, il Gruppo N richiedeva vetture più vicine alla produzione di serie, equipaggiate con gli essenziali dispositivi di sicurezza come roll-bar e sistemi di estinzione. Entrambe le categorie imponevano un minimo di 5.000 esemplari prodotti annualmente per l’omologazione.

La Nascita della Lancia ECV2

Sebbene il Gruppo S fosse ormai accantonato, la Lancia decise di continuare a sperimentare sulla piattaforma ECV. La Direzione Sportiva incaricò il designer italiano Carlo Gaino di riprogettare il prototipo, introducendo significative modifiche alla carrozzeria e migliorandone ulteriormente l’aerodinamica. Nacque così, nel 1988, la ECV2, un’evoluzione che segnava un netto distacco estetico e funzionale dalla progenitrice Delta S4.

Il nuovo design puntava tutto sull’efficienza aerodinamica e sulla riduzione del peso. Il telaio, realizzato sempre in materiali compositi avanzati, contribuiva a rendere la vettura ancora più leggera rispetto alla ECV originale. La modifica più evidente riguardava lo spoiler posteriore, che venne “staccato” dalla carrozzeria e riposizionato a metà altezza, secondo i risultati ottenuti nelle simulazioni in galleria del vento. Anche la coda venne ridisegnata, risultando più compatta, mentre una copertura trasparente avvolgeva il motore, esaltando l’aspetto futuristico della vettura.

Dettagli Tecnici ed Estetici della ECV2

L’evoluzione aerodinamica della ECV2 era visibile in ogni dettaglio. Le larghe prese d’aria sui montanti posteriori, un tratto distintivo della Delta S4 e della ECV, vennero eliminate, lasciando spazio a una feritoia sul tetto per il raffreddamento del vano motore. Il cofano anteriore, completamente ridisegnato, presentava una doppia apertura per facilitare la fuoriuscita dell’aria calda proveniente dai radiatori.

Anche la parte anteriore fu oggetto di revisione: un ampio spoiler si raccordava alla calandra, che riprendeva elementi stilistici della Delta HF 4WD, come il profilo rosso attorno alla mascherina. I fari erano carenati, mentre lungo le fiancate vennero aggiunte minigonne per ottimizzare i flussi d’aria laterali. Sui cerchi spiccavano dischi esterni in materiale composito, progettati per migliorare il raffreddamento dei freni, un dettaglio tecnico che sottolineava l’approccio innovativo della vettura.

La livrea della ECV2 era un elegante Bianco Perla, impreziosito dalle iconiche strisce Martini Racing in blu, azzurro e rosso, che correvano lungo le fiancate e avvolgevano la coda. Questo particolare colore sarebbe poi stato ripreso per una serie limitata della Lancia Delta HF Integrale Evoluzione, ribattezzata appunto “Bianco Perla”.

Interni Spartani, Tecnologie Avanzate

L’interno della ECV2, pur essendo spartano e ridotto all’essenziale, metteva in risalto la sua natura di laboratorio su ruote. Spiccava al centro della plancia un grande manometro, progettato per monitorare la pressione delle turbine del motore Triflux. Questa attenzione alla funzionalità enfatizzava l’obiettivo della ECV2: sperimentare soluzioni tecnologiche destinate a influenzare il futuro dell’automobilismo.

La Lancia ECV2, insieme alla progenitrice ECV, è esposta nell’Heritage HUB di Torino, all’interno dell’area dedicata all’epoca dei rally, denominata “The Rally Era”. Accanto alla leggendaria Delta S4, questi prototipi rappresentano l’apice dell’innovazione e della sperimentazione tecnica della Lancia.

Anche se non hanno mai gareggiato, la ECV e la ECV2 continuano a vivere attraverso il loro lascito tecnologico e il loro fascino ineguagliabile, offrendo agli appassionati uno sguardo su ciò che avrebbe potuto essere il futuro dei rally.

La Fine del Progetto ECV e l’Inizio di una Nuova Era

Con il cambiamento regolamentare, la Lancia e il suo reparto corse Abarth dirottarono immediatamente tutte le risorse sullo sviluppo della Lancia Delta HF 4WD, una vettura conforme alle nuove specifiche e destinata a diventare il simbolo di un’epoca di vittorie leggendarie.

Tuttavia, il progetto ECV, concepito per il Gruppo S e dotato di una scocca in materiali compositi e del rivoluzionario motore Triflux, non venne del tutto accantonato. La Lancia decise di dare visibilità a questa avveniristica evoluzione della Delta S4, esponendola al Motor Show di Bologna del 1986.

Dotata di una inedita livrea Lancia-Martini rossa, la ECV attirò l’attenzione del pubblico e degli esperti del settore, lasciando un misto di stupore e rimpianto per il fatto che non avrebbe mai calcato le strade dei rally.

L’Eredità del Triflux e delle ECV

Nonostante non abbiano mai gareggiato ufficialmente, le Lancia ECV e il motore Triflux hanno lasciato un’impronta indelebile nella storia dell’automobilismo. Solo cinque esemplari del motore Triflux furono realizzati. Oltre a quelli montati sulle ECV, alcuni furono utilizzati dal pilota Luciano Tamburini in gare di velocità su terra, mentre altri sono nelle mani del preparatore Giuseppe Volta, che li ha installati su ricostruzioni della Delta ECV1 Evo 87.

Le ECV rimangono testimonianze dell’ingegneria avanzata e dell’innovazione che hanno caratterizzato un’epoca d’oro dei rally. L’uso pionieristico di materiali compositi, le soluzioni aerodinamiche all’avanguardia e il motore Triflux rappresentano un patrimonio tecnologico che continua a ispirare ingegneri e appassionati.

Le Lancia ECV e il motore Triflux incarnano lo spirito pionieristico e l’audacia dell’ingegneria automobilistica italiana. Anche se il destino ha impedito a queste vetture di esprimere tutto il loro potenziale nelle competizioni ufficiali, il loro impatto sul mondo dei motori rimane significativo.

Visitarle nella Collezione Lancia significa entrare in contatto con un pezzo di storia, ammirare da vicino le soluzioni tecniche che avrebbero potuto cambiare il corso dei rally mondiali. Sono un promemoria di ciò che può essere raggiunto quando la passione per l’innovazione incontra l’eccellenza ingegneristica.

Lancia ECV Triflux 2

La storia delle Lancia ECV e del motore Triflux ci ricorda un’epoca in cui i limiti erano fatti per essere superati. Anche se queste vetture non hanno mai calcato le strade dei rally mondiali, il loro lascito tecnologico e il loro fascino continuano a vivere, alimentando la passione di generazioni di appassionati e professionisti del settore automobilistico.

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